Vorrei piangere.

Piangere uno di quei pianti di quando ero piccola.
Quando affondavo la faccia nel cuscino del mio letto.
E nel buio della camera la mia testa era un susseguirsi di perché.
Perché non potevo incontrare la persona di cui mi ero innamorata.
Perché non riuscivo a trovare l'Amore che ti spacca il cuore e poi ti si mette vicino per aiutarti a ricomporlo.
Perché i miei genitori non capivano i drammi della mia esistenza fanciulla.
Perché gli altri mi ritenevano strana.
Perché facevo di tutto per apparire e apparire strana.
Vorrei piangere fino a sentire le lacrime salate scendere sulle labbra e raccoglierle avidamente con la lingua.
Mordermi le labbra screpolate.
Piangere e battere i pugni sul cuscino.
Piangere liberando parole, lacrime e pensieri confusi.
Piangere e singhiozzare uno di quei pianti che sembrano un fiume in piena che ti stravolge l'anima.
Non riesco più a piangere in quel modo.
Ed è solo quando non riesco a trattenermi che piango.
Ma è un pianto diverso.
Perché da piccola ogni parte del mio corpo piangeva di un pianto struggente.
E dopo quel pianto mi sentivo leggera.
Di quella leggerezza che ti fa levitare e dimenticare.
Quando sei piccolo non esiste ieri e non esiste domani.
Esiste solo oggi.
Oggi e tu.
Oggi e lei.
Oggi e lui.
Niente oltre.
Oggi piango.
Ma senza empatia per me stessa.
È una necessità meccanica.
Nessuna lacrima.
Piango per fare spazio.
Piango per non perdere il senno.
Piango per prendere sonno.
Piango per non avere rimpianti.
Piango le migliaia di lacrime che ho imparato ad archiviare nel mio cuore.
Mi concedo piccoli pianti.
Pianti senza alternative.
Pianti taciturni e silenziosi.
Non mi concedo nulla.
Nè lacrime.
Nè singhiozzi.
Nè perché.
Nessuna esplorazione del cuore.
È troppo il tempo che mi sento addosso.
Un tempo fatto di ieri, oggi e mille domani.
Vorrei di nuovo quella sensazione di vuoto intorno a me.
Un attimo.
Un attimo leggero privo di pienezza.
Svuotato da una vita intera.
Strati e substrati episodici e pesanti.
Per fare spazio dovrei distruggere.
Ma sono fatta ormai di rigidità profonde.
Mi arrendo al tempo e allo spazio.
Vorrei piangere e piangere e ancora piangere.
E allora scrivo di lacrime e pianti infiniti.
Scrivo di dolori immensi.
Scrivo di odio e delusioni.
Scrivo di me e di te.
Scrivo di quando e scrivo se.
E adesso è come se avessi pianto davvero.
Non un pianto bambino che forse è perduto e per sempre.
Ma un pianto che piange e che piange di pianto.

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