Stefano.

Stefano la sera del 15 ottobre viene fermato dai carabinieri dopo essere stato visto spacciare in un parco pubblico.
Il 17 ottobre il Giudice lo rinvia a giudizio fissando l’udienza il 13 novembre 2009, quasi un mese dopo.
Il Giudice applica la misura della custodia cautelare carceraria.
Stefano non è stato condannato.
Non è stato giudicato.
E la custodia cautelare in carcere è la forma più intensa di privazione della libertà personale.
Perché vieni privato della tua libertà anche se sei considerato innocente fino a condanna definitiva. Perché vieni chiuso in carcere, ispezionato e privato dei tuoi beni personali, in attesa di essere giudicato.
La Legge comunque lo conforta dicendogli che lui è innocente.
Quindi.
Potrà dormire sonni tranquilli.
E allora Stefano viene condotto in carcere.
La Legge continua a dirgli che non deve preoccuparsi perché sin dal suo primo ingresso in carcere e per tutta la sua permanenze a Regina Coeli lui avrà il diritto di colloquiare con il suo avvocato.
Stefano infatti con grande entusiasmo chiede di parlare con i propri familiari e con il proprio avvocato.
Però, ecco.
Accadono tante cose e si crea un pò di confusione.
C’è tanto lavoro da fare perchè Stefano viene portato dal carcere di Regina Coeli all’ospedale Fatebenefratelli ed in seguito anche al Pertini per controlli medici.

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I genitori chiedono di parlare con lui.
Ma ci sono troppe persone di mezzo e documenti da protocollare e richieste da presentare e uffici con orari di chiusura ben precisi e, quindi, neanche i genitori di Stefano riescono a parlare con lui.
Lo incontrano Medici, Poliziotti, Carabinieri.
Ma fra una chiacchiera e l’altra tutti si dimenticano di ascoltare Stefano che chiede di parlare con i propri familiari e con il proprio avvocato.
Stefano da bravo burlone si è anche rifiutato di bere e di mangiare.
Forse stava giocando, penserete.
Forse.
Peccato.
Davvero un peccato.

Perché il 22 ottobre alle 6.20 del mattino Stefano muore.

Ora.
Ricapitoliamo.
Stefano era in custodia cautelare.
Stefano non era stato giudicato.
Stefano non era stato condannato.
Stefano era un soggetto di diritto.
Stefano sono io.
Stefano sei tu.
Noi siamo anche i medici che lo hanno più volte visitato.
La polizia che lo ha accompagnato.
Coloro che lo hanno pestato fino a farlo collassare.
E questa vicenda è meno distante di quanto tu possa pensare.
Perché tutto questo è avvenuto in un parco, in un ospedale, in un aula di tribunale ed in un carcere.
Sia chiaro, non stiamo parlando di spazi dell'immaginazione ma di luoghi pubblici.
E, se non lo sapessi, il carcere è uno spazio della comunità per la comunità.
Quella stessa comunità di cui fa parte Stefano.
Perché ti ricordo che i diritti vengono riconosciuti dalla Legge per impedire che tu venga arbitrariamente e ingiustamente privato della tua libertà.
Anche se sei un tossicodipendente.
Anche se ti sei ubriacato.
Anche se quel giorno non hai preso i tuoi farmaci.
Anche se quella notte hai dovuto dormire per strada, su una panchina.
Anche se sei incapace di intendere e di volere.
Anche se non conosci i tuoi diritti.
E anche perché tu possa chiedere aiuto a tua madre, a tuo padre, al tuo avvocato, ad un medico o ad un poliziotto.
E anche perché la legge non è relativa né arbitraria.
Ma soprattutto perché, qualsiasi cosa ti accada tu rimani, sempre e comunque, un soggetto di diritto.

La domanda che mi pongo è.
Io, sono sicura di conoscere i miei diritti?
Ma soprattutto.
Se i miei diritti non venissero rispettati, cosa mi accadrebbe?

Commenti

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