Federico.

Non c’è giustizia se non c’è umanità.
Esaurire un essere umano ad uno stereotipo e ad un pregiudizio significa semplificare la complessità.
Sono quello che vedi.
Sono quello che senti.
Sono questo e sono quest’altro.
Ma sono anche un’immensità dai contorni mobili.
Il cambiamento è nella mia natura.
E tutte le volte che decidi ciò che sono e ciò che non sono mi derubi della possibilità di essere altro.
Ti appaio brutto e pericoloso.
Superficiale ed asociale.
Bello ed intelligente.
Profondo ed attuale.
Continui a ridurmi e a strumentalizzarmi.
E vuoi che io faccia lo stesso con te.
Non devo cercare e andare a fondo.
Levighi la pelle e nascondi il cuore.
La tua essenza mi sfugge e si allontana.
Sei diverso ma uguale.
Puoi prendermi a calci perché non valgo niente.
Sono nessuno e centomila.
Sono una statistica.
Sono una devianza.
E tu continui a schiacciarmi con il peso delle tue categorie.
Ketamina.
Morfina.
Alcol.
Incoscienza e violenza.
Mi fai pena.
Perché anche se io sono morto tu non sei mai stato vivo.
Sei un burattino nelle tue stesse mani.
Ti manovri e fai corrispondere ogni tuo respiro ad una vita che non esiste.
Sei un essere umano come me ma hai scelto di essere niente.
Polvere sulle mie scarpe sudicie.
Perché si sceglie di essere tutto e di essere niente.
Perché è solo per ontologia che siamo esseri umani.
Nulla più.
Sono una storia.
Sono la mia storia.
E sono anche la tua di misera storia.
Non ti odio né ti disprezzo perché dandomi la morte mi hai risparmiato l’umanità che ancora ti ossessiona.
Sei la tua ossessione e morirai nella tua ossessione.
E tutte le volte che penserai ancora di essere più di me ed altro da me.
Tutte queste volte.
Deciderai ancora di essere niente e di morire niente.

 Adesso, indovina chi sono.

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